IL SALENTO DI MEZZO
Tra le civiltà mediterranee – civiltà del pensiero – quella della terra del Salento di Mezzo si distingue come spazio privilegiato del verticale e dell’orizzontale; lo spazio della croce e della terra, del cielo e del verde: piantare semi, vederli crescere, strappando il nutrimento alla natura aspra.
Nella nostra Terra, accade proprio così: una civiltà d’origine agro-silvo-pastorale dove la materia e il lavoro, la fatica di vivere si sono squarciate lasciando posto ad altre attività, immateriali e nobili, consentendo agli individui di entrare, peculiarmente, in altre dimensioni e nell’interiorità, in modo totalmente naturale, come in una trance.
Sentire l’oltre e l’interno attraverso l’essenzialità e la durezza dell’esterno, in un luogo di deserto, consegnato dal passato remoto a una tipicità urbanistica e architettonica archetipale: con i suoi castelli, le sue masserie, le sue chiese rupestri e i suoi nuclei storici urbani, gravi ed eleganti, non troppo dissimili, ancora oggi, dalle immagini dei borghi aggrappati al paesaggio, come nelle immagini di De Giorgi, Hachert e dei Pittori Sacri bizantini.
La pace e l’armonia del paesaggio si innalzano verso una durezza e una bellezza fatte di paesaggi primitivi: aridi campi ed olivi informi, che sembrano creati da cento secoli; pietre di pietra e uomini di nervo, tratturi ed aie che riecheggiano voci di tamburo e di violino, canti di donna e danze di sangue.
Bellezza e immobilità, assenza apparente del fare, silenzio ma anche, nonostante tutto, vita.
Una storia ed un destino che hanno forgiato nei secoli questa Terra quale luogo di riflessione, sogno, meditazione e riconquista di spazi di pensiero, si muovono oggi in vista di un futuro possibile ed altro.
Questo è il Salento di Mezzo: una Terra di 6 Terre, quelle dei Comuni di Cannole, Calimera, Carpignano Salentino, Castrì di Lecce, Martano e Zollino, dove gli elementi insondabili del genius loci creano forti contrasti tra natura e visione, tra terra e cielo, tra mente ed interiorità, restituendo immediatamente una forma della sua anima, dei suoi valori, del patrimonio di memorie e di quello di speranze, gelosamente custodito dalla sua gente.
Veniteci ad incontrare, per sedervi ad ammirare, fermarvi ad ascoltare, esprimere pensieri in libertà, sentendo cantare e cantando, vedendo danzare e danzando, annusando sapori e cibandovi di prodotti che mani antiche e consuete ancora oggi fanno uguali, comunicando e poi registrando tali espressioni per cristallizzarne e trasmetterne copia e memoria.
“Quando il vento della storia è propizio, gli elementi vivi delle culture
scomparse riacquistano il loro pieno vigore.
La cultura rurale non é morta, ma è stata sconfitta.
Per questo motivo, essa continuerà a vivere
come la brace che cova sotto le ceneri del tempo che passa.
E il suo persistere evocherà il ricordo di nomi,
luoghi, riti, tradizioni, costumi, feste,
radicati come licheni ai vecchi rami della cultura in vigore”
A. Hernandez